15 Febbraio 2025
In questi ultimi tempi, in modo particolare, c’è molta attenzione dedicata al mondo carcerario abruzzese. Si denuncia il sovraffollamento, nell’istituto penitenziario teramano di Castrogno, invivibilità nelle varie strutture a causa si sommosse e aggressioni al personale di polizia penitenziaria. Ma l’impressione, a volte, è che si parli di un mondo a parte. Un mondo distante dalla nostra quotidianità e in fine dei conti, si pensa spesso, «è una realtà che non mi riguarda. Lì, tra quelle mura, sono rinchiusi delinquenti. Per questo, stiano lì, in qualunque condizione, se la sono cercata». Questo un pensiero ricorrente, sebbene non di tutti. Ma perché è importante che la vita carceraria diventi una realtà che riguarda tutti? Lo abbiamo chiesto al senatore abruzzese del Pd Michele Fina, anche lui, insieme a sindacati e istituzioni, impegnato a denunciare le carenze, le difficoltà, il sovraffollamento delle strutture carcerarie abruzzesi. Secondo Fina, innanzitutto, troppo spesso si ricorrere alle misure carcerario per reati minori. Accade così che il detenuto venga a contatto con realtà più pericolose e che sia maggiormente propenso a delinquere una volta fuori dal carcere. In particolare, l’istituto penitenziario deve lavorare per la rieducazione del condannato. A tal proposito dovrebbero tornare a funzionare le officine, utili alla formazione lavorativa del detenuto una volta fuori dalle sbarre. In sintesi, il modo in cui si vive oggi all’interno di un carcere si riverbera domani sulla società. Ecco perché è importante che gli istituti di pena consentano al detenuto di vivere un percorso utile affinché, una volta rientrato in società, non presenti disturbi dovuti alle condizioni difficili vissute consentendo così un miglior reinserimento nella comunità.