22 Aprile 2025
E’ stata una Pasqua senza botti, ma di certo non silenziosa. Il divieto del questore a sparare, per motivi di sicurezza e distanze, i mortaretti durante la Madonna che scappa in piazza, quest’anno come mai era accaduto in secoli di storia, ha tolto forse un po’ di pathos alla corsa, ma non alla primavera di Sulmona. Un fiume di gente, decine di migliaia di persone, hanno invaso da venerdì a ieri le strade e le piazze, gli alberghi e i ristoranti, persino il parcheggio coperto. E’ la Sulmona più bella, quella della Pasqua, quella in cui la speranza colora gli animi e la comunità, concede una tregua alla rassegnazione, fa guardare avanti con la consapevolezza di essere in grado di farcela. Gli abbracci non sono solo quelli composti dei trinitari del Venerdì in processione, della voce possente del Coro che avvolge il centro storico per l’intera notte, né solo quelli commossi del lauretani dopo la corsa senza intoppi della domenica. Quando il rito più straordinario e unico si ripete, con la Madonna in lutto che attraversa la piazza e poi scorge il Figlio risorto e corre. Ma sono gli abbracci di una comunità che si ritrova e si rincontra, che ritorna ad essere unita e ad avere un’identità. Che ritrova le ragioni dello stare insieme, anche se a presiedere gli appuntamenti c’è un inviato del prefetto e non un sindaco. Ennesimo atto di una politica che non è stata in grado di dare un senso a questo sentire comune. Bastassero diciotto secondi…