21 Giugno 2025
Cinquant’anni di Amnesty International Italia, quanto è stato fatto? «E’ stato fatto tanto perché c’è stato un progresso nel campo dei diritti umani e abbiamo ottenuto ottime leggi in questi cinquant’anni che hanno cambiato la vita delle persone però siamo consapevoli di due cose: la prima è che non sono successi scritti nel marmo, sono molto fragili, possono essere annullati velocemente e la seconda cosa è che ogni passo avanti nel campo dei diritti umani in Italia così con il mondo, ma per quanto riguarda Amnesty international nel nostro paese, è stato realizzato non perché qualche governo di qualunque segno, si sia dimostrato generoso ma perché le persone nelle strade e nelle piazze lo hanno preteso». Proteste che spesso sono state messe a tacere. «Si, sempre di più. Quello che avvertiamo in questo periodo in Italia, è che proprio nel momento in cui ci sarebbe bisogno di passare il testimone per i prossimi cinquant’anni a persone giovani, il rischio è che le persone giovani nelle piazze non ci scendano più perché hanno paura. Paura della criminalizzazione, paura dei manganelli e allora la domanda è: come ottenere il cambiamento se quelle piazze che lo hanno preteso e spesso ottenuto finora, poi si svuotano, è questa domanda che ci stiamo ponendo». Qual è la voce di Amnesty in questo contesto? «E’ la voce che chiede di continuare a parlare col vocabolario dei diritti umani, cioè quello oggettivo, quello che non fa il tifo, quello che denuncia imparzialmente. È la voce di chi chiede che quello strumento così importante per porre fine all’impunità che è la giustizia, nazionale e internazionale, sia rafforzata anziché essere delegittimata. Noi oggi abbiamo questo campo di battaglia, uno dei tanti che riguarda proprio il futuro della giustizia internazionale, anziché rafforzare i tribunali che ci sono si boicotta il loro operato. Il risultato è che le guerre vanno avanti non solo perché si continuano a vendere armi in maniera irresponsabile, ma anche perché i responsabili della guerra precedente sono ancora al potere anziché essere davanti ad un giudice».