Pescara-Carrarese 2-2: il brivido del pareggio non basta a nascondere le fragilità

di Vanni Biordi

18 Ottobre 2025

Lo Stadio Adriatico è ancora una volta il teatro di un finale da cardiopalma, di quelli che ti fanno sobbalzare sulla sedia e che, per un attimo, ti fanno dimenticare tutto il resto. Il 2-2 agguantato dal Pescara contro la Carrarese è un punto prezioso, quasi rubato, arrivato al fotofinish grazie a una reazione d'orgoglio indomita. Sotto di un doppio svantaggio, con i gol di Abiuso e l'eurogol di Hasa che sembravano aver chiuso la contesa, i ragazzi di Vivarini hanno saputo tirare fuori il carattere, spinti dai cambi azzeccati e dall'esplosione di gioia per le reti di Meazzi, super slalom e concretezza, e Di Nardo. È stato un vero e proprio «thriller da montagne russe», per citare la cronaca del servizio andato in onda su laQtv, che ha confermato la capacità di questa squadra di non mollare mai e di convertire l'energia del proprio pubblico in benzina per l'assalto finale. Eppure, proprio quando l'Adriatico esplodeva di gioia, nell'aria si percepiva anche un nervosismo crescente, una sensazione che affonda le radici nelle prestazioni recenti e nelle lacune che, ormai, non possono più essere ignorate. La rimonta non può e non deve nascondere i problemi emersi in maniera preoccupante. I tifosi, giustamente, cominciano a nutrire serie preoccupazioni. La prima nota dolente è la fase difensiva. Prendere due gol in casa, il primo dopo neanche due minuti per una disattenzione evidente e il secondo con una facilità disarmante, è un campanello d'allarme che suona a tutto volume. La Carrarese ha dominato per un tempo, ha sfiorato più volte il raddoppio prima che arrivasse, mettendo a nudo una fragilità strutturale che non si addice a una squadra con ambizioni di alta classifica. A questo si aggiunge un centrocampo che non gira come dovrebbe. Il cuore pulsante della manovra biancazzurra appare spesso compassato, incapace di dettare i ritmi, di filtrare le offensive avversarie o di innescare con continuità gli attaccanti. La superiorità apuana nel primo tempo è stata in buona parte una questione di controllo in mezzo al campo. E qui si inserisce il rebus tattico: qual è la posizione ideale per Valzania? Il centrocampista, un elemento di qualità, sembra ancora alla ricerca della sua dimensione tattica definitiva nello scacchiere di Vivarini, apparendo a tratti spaesato e poco influente. Serve una collocazione che ne esalti le doti, non che lo costringa a una prestazione anonima. Infine, l'interrogativo che più assilla la piazza: perché, dopo aver fatto così bene con le "big" del campionato, la squadra si è schiantata con avversarie come Sudtirol e Sampdoria? L'andamento è altalenante, quasi bipolare. Sembra che l'eccessiva sicurezza o, forse, una mancanza di approccio mentale adeguato contro squadre apparentemente meno blasonate, stia frenando la corsa. Contro la Carrarese si è rivisto lo spettro del monologo avversario, come accaduto in altre occasioni, con la squadra apuana in pieno controllo per larghi tratti.   La reazione finale, l'orgoglio del pari "Venezia style" di Di Nardo, è una scintilla di speranza, un segnale che il fuoco sotto la cenere non è spento. Ma Vivarini ha l'obbligo di intervenire, subito. Non basta l'emozione della rimonta. Il Pescara deve trovare un equilibrio più solido, registrare una difesa fin troppo permissiva e ridare verve e personalità a un centrocampo che deve tornare a essere il motore della squadra. Solo così la passione dei tifosi, che pure hanno spinto la squadra all'impresa, potrà trasformarsi da preoccupazione a convinta fiducia. È tempo di risolvere i problemi strutturali, prima che il brivido del pareggio si trasformi in una frustrazione duratura.

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