19 Ottobre 2017
Cancello accuratamente serrato con catena e lucchetto, ma tutt'intorno larghi tratti di perimetro privi di qualsivoglia recinzione. Di fatto quasi un invito ad avventurarsi in quello che una volta era un giardino ma ora è ridotto ad un traboccare di vegetazione intricata e disomogenea.Ci accoglie così, nella frazione aquilana di Roio Piano, uno stabile in cemento armato costruito per diventare residenza studentesca ma che, dal momento della chiusura del cantiere per la realizzazione dell'impianto strutturale, non ha mai aperto i battenti.Sulle pareti esterne, sul tetto e sul corridoio di collegamento tra i due corpi che compongono l'immobile, ben visibili, oltre ai segni del tempo, anche quelli degli eventi tellurici di questi ultimi anni: dalle vistose crepe ad X alle tegole scivolate a valle rispetto alla loro originaria posa in opera.Insomma, un bene immobile aggredito da più parti ma per il quale al tempo della costruzione (2005 l'avvio dei lavori, ma l'approvazione del progetto esecutivo da parte del Comune proprietario della struttura risale al 2000, ed il riparto dei fondi addirittura al 1996) fu spesa una cifra considerevole.In euro, l'equivalente di 1 milione 413 mila 672 euro, derivanti per 897 mila 456 euro da Fondi Comunali per il recupero edilizio (stanziati a marzo del 1996) e 516 mila 456 euro di Finanziamenti Regionali provenienti dal capitolo Edilizia Residenziale per Studenti (questi dati in disponibilità ad agosto dello stesso anno).Soldi pubblici sostanziatisi in una vera e propria Cattedrale nel deserto.Eppure negli anni (prima, ma anche dopo il 6 aprile 2009) la cittadinanza roiana ha provato a smuovere l'impasse.Poco prima del terremoto, infatti, una delegazione incontrò l'allora Sindaco Massimo Cialente per spingere sull'utilizzo della struttura; nel 2010, il suo recupero post sisma divenne oggetto di un'assemblea pubblica a Poggio di Roio cui parteciparono anche rappresentanti bipartisan delle istituzioni.Nel corso della riunione si discusse anche della possibilità di cambiare la destinazione d'uso dell'immobile: possibilità che divenne concreta nel 2011, dopo che la Regione approvò una legge (la n. 40) che diede al Comune la facoltà di decidere a quale scopo destinare la struttura.E qualcosa parve muoversi perchè a marzo del 2012 l'Ente Civico chiese al Commissario delegato per la Ricostruzione (ossia l'allora Presidente di Regione Gianni Chiodi) i soldi per riparare i danni da sisma (sommati però a quelli da incuria).Potrebbe sembrare, questo, l'inizio di una fase positiva ed invece la storia finì su un binario morto.Ad agosto del 2015, infatti, il Comune mise in vendita il complesso immbiliare (per inciso nessuna cartello indica questa procedura in atto) dichiarandolo non più strumentale alle sue funzioni: insomma una vera, propria e - se vogliamo - ignominiosa patente di inutilità .Il tutto, con buona pace dei cittadini abruzzesi che, grazie ai loro tributi, hanno finanziato questa operazione edilizia ad oggi fallimentare.Â